Volevo condividere alcune riflessioni che mi sono scaturite dall’ultimo felicissimo post di Guglielmo Tell.
La frase citata di Brezina “sull,’arte come espressione attraverso cui l’anima estrinseca il proprio stupore di fronte all’ universo in cui si trova imprigionata.” non sorprende se riferita al linguaggio dei Simbolisti di cui il poeta ceco fu uno dei massimi esponenti. Carichi di metafore, paradossi e iperboli il loro linguaggio ambiva a provocare quello “stupore” per la conoscenza all’origine per Platone, che Brezina conosceva bene, della stessa filosofia.
L’amore per la sapienza presuppone uno stato di fermento “amoroso” in atto, omologo a quello che tiene in vita tutti gli esseri viventi specchio, come abbiamo visto da altri contributi, dell’universo.
Senza lo stupore non vi è innamoramento e senza innamoramento non vi è conoscenza dicevano gli antichi. Ecco allora che ogni volta che viene alla luce un aspetto di quella conoscenza, fissato in qualsivoglia manifestazione artistica, se la stessa è stata realizzata attraverso un linguaggio sintonico con la matrice universale, restituisce all’artista la consapevolezza di farne inesorabilmente parte, di esserne umile tramite, di acquisire la misura del suo meraviglioso ed eterno limite.
Non è una prigione, ma l’immagine di un processo, come testimonia anche il nostro Michelangelo quando dice “I’ sto rinchiuso come la midolla / da la sua scorza, qua pover e solo, / come spirto legato in un’ampolla…”.
La scuola fiorentina imbevuta di Neoplatonismo e Scienza ermetica lo aveva forgiato, e nel raccontare il suo fisiologico travaglio tutto riteneva racchiuso in quell’ampolla, (della quale si sentiva tenacemente e felicemente prigioniero) in quell’athanor, specchio della Natura Una di cui era attivo tramite.
Anche qui potremmo ritrovarci e riflettere sulle “poetiche” parole che il Maestro Kremmerz riferisce al Pontefice Mamo Rosar Amru quando dice: “La creazione si compie ogni volta che piace agli dii e ogni dio può parteciparvi. Istar presiede. Sei perciò, o miste avvisato, che il tuo destino è la schiavitù.”
Chissà che non sia la più dolce schiavitù che essere umano possa immaginare …
Mi sorge una domanda: ma un bimbo quando è nella pancia della mamma si sente schiavo? prigioniero? E lo stupore di quando viene alla luce cos’è? Ed una nuova luce in fondo al tunnel di un regressus ad uterum potrà essere allora un evento di portata universale?
Tutto questo e molto altro di cui altri potranno dire meglio di me potrebbe darci qualche ragionevole spunto sul perché al di la delle contingenze di questa o quell’altra religione il tema della gravidanza e ancor più della maternità sia stato stato il più affascinante e rappresentato nei millenni portatore sano del più archetipico degli stupori…
Un saluto a tutti i naviganti.