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catulla2008
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Gli ultimi post mi hanno ricordato un mito, quello di Prometeo. Luciano di Samosata nel II secolo lo pone nei suoi Dialoghi degli Dei, primo di ventisei. In breve, questo titano aveva offerto agli dei le ossa invece della carne e gli dei tolgono il dono del fuoco. E quando lui lo rivuole a forza e giunge a rubarlo, viene incatenato a una roccia dove di giorno un’aquila gli divora il fegato che di notte gli ricresce. In altri racconti, l’aquila divoratrice è un falco, e in altri ancora un serpente. Ebbene, volendo vederla alla spicciola maniera, mi verrebbe da interpretarlo così:
– le ossa sono simbolo della memoria incancellabile e immutabile, quindi non idonee alla trasformazione e all’offerta. Ma si vestono di carne e si spogliano di carne, intendendo con la carne la parte che può vivere, sperimentare, cambiare. (Il Maestro Kremmerz nel Commentarium scriveva “Tu vedi come videro i tuoi antenati che sono in te, e vedrai diversamente quando i margini delle tue scottature antiche avranno nuovi strati di CARNE VEGETANTE…”);
– offrendo al principio divino, o vitale, la propria inerzia, cioè le ossa, Prometeo non ha più il fuoco, la luce, la virtù trasmutatrice per eccellenza. E osando riprenderselo, ecco che la divinità impone come contropartita la necessità di un ciclo di trasformazione forzata, inducendo dall’alto quella rigenerazione che non può prescindere dal possesso del principio vitale (fra l’altro il fegato è davvero la centrale chimica del nostro organismo!).
Mi pare un bel mito per descrivere la vita in cui l’intelligenza umana, se vuole riavere ‘coscienza del vero’ deve avere la forza di credere nel Bene che è Amore ed è rigenerazione costante in uno con la Natura. E per ricondurlo ai post recenti, la terra potrebbe rappresentare il fegato del pianeta? E gli alberi potrebbero essere le ossa che si rivestono di nuova carne a ogni primavera?
Buona Epifania a tutti!

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