Qualche sera fa ho visto un film su Napoli, che mi ha fatto ripensare alla velificatio del simbolo dell’Accademia Sebezia, infatti la tesi del film era proprio quella di mostrare come Napoli, città dall’anima di donna, fosse legata a questo concetto.
Al di là della storia, un po’ giallo, un po’ storia d’amore, un po’ vicenda psicologica, ma senza grossi pregi, il bello del film è nell’immagine che emerge di una Napoli arcana e misteriosa, bellissima e intrigante come solo una donna sa essere.
Il contenuto che ci interessa viene mostrato oltre che attraverso il notissimo “Cristo Velato”, anche attraverso un’altra opera, di cui personalmente non conoscevo l’esistenza e di cui chiedo qualche delucidazione agli amici di Napoli, il cosiddetto “Utero Velato”, e anche tramite la scena della “figliata”, antico rito popolare in cui viene simulato un parto maschile e che il pubblico può guardare solo attraverso un drappo trasparente, e qui viene chiarito il senso del velare: il velo, viene detto, serve ad indurre gli spettatori a “sentire”, oltre che vedere, perché per comprendere non basta guardare, occorre affinare altri è più sottili sensi, aggiungo io.
Mi sembra che il velo, come il silenzio, come il buio, siano dimensioni che oltre il celare, in realtà disvelino l’essenza vera delle cose