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Buteo
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Riguardo al silenzio riporto un’esperienza personale. Anni fa mi fu detto che la meditazione Vipassana era una delle più efficaci. Cercai e trovai un corso consistente in un ritiro di 10 giorni. Per avere almeno un’idea di cosa si trattasse, decisi di partecipare prima a una 2 giorni che si teneva a Milano. In quella sede l’insegnante riportò le parole del Maestro: ‘Bisogna sedere in una posizione sufficientemente comoda da poter essere mantenuta (immobili) ma non così comoda da addormentarsi’. Questa fu la sola cosa che capii: se avessi voluto sopravvivere a ore e ore di sedute immobili per 10 giorni, avrei dovuto procurarmi cuscini molto molto confortevoli. Così mi armai e partii.
L’esperienza consisteva in questo: silenzio assoluto per 10 giorni, di parole e di sguardi, no TV, no musica, no cellulare, no letture, no azioni, no pensieri.. negli intervalli. Era però consentito passeggiare nel parco. Il resto del tempo era meditazione, per apprendimento di anapana di vipassana, 2 esigui pasti vegetariani all’alba e a mezzogiorno, quindi digiuno. Poi un po’ di ore di sonno. Grazie al conforto dei miei cuscini riuscivo perlomeno a mantenere la posizione immobile senza dolore e, nell’ora di colloquio pubblico col Maestro, ascoltavo neofiti al par mio lamentare dolori lancinanti, che però tutto sommato sembravano ben accetti, forse perché espiazione di non so quali colpe o scioglimento di non so quali nodi. Per me era già sufficiente così, senza aver altro da espiare.
Il tutto fu terribilmente drammatico: non tanto per il silenzio, perché non amo né parlare né ascoltare a caso, quanto per l’inattività e il ‘non pensare’, cosa questa che si rivelava impraticabile. Rimasi solo perché dovevo assolutamente vedere dove avrebbe portato. Sviluppai i sentimenti più disperati, d’insofferenza, di rabbia e quant’altro. Equiparai l’esperienza a una reclusione in un carcere.
Il Maestro era un simpatico omaccione ottuagenario americano, ex militante CIA, stanziato in Tailandia, negli anni ’50, che aveva appreso la tecnica meditativa in Birmania.
Lo apprezzai molto: assolutamente non si atteggiava a guru, assolutamente osservava il mandato del suo Maestro, trasmettendo solo ciò per cui era stato autorizzato, senza nulla aggiungere e nulla togliere. Per la chiusura dei confini coll’istaurarsi del regime militare non gli era stato concesso di proseguire oltre e completare l’apprendimento. Poteva quindi trasmettere solo l’insegnamento base.
Alla fine del corso mi ritrovai con energia ed entusiasmo incredibili, una vera ‘ricarica delle pile’. Partecipai ad altri successivi 3 corsi; poi il Maestro non fu più in grado di venire in Italia e pochi anni fa venne a mancare.

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