Preparazione e Prassi terapeutica ortodossa nella Fratellanza di Miriam I parte

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Preparazione e Prassi terapeutica ortodossa nella Fratellanza di Miriam I parte

La scuola filosofica classica esclude qualunque mezzo di presa di possesso della volontà di un uomo intelligente o semplicemente evolubile. Il magnetismo empirico dei passi, delle larghe manifestazioni volitive e gesti teatrali, come l’ipnotismo che riduce un soggetto mancipio di un ipnotizzatore, sono possessioni di animo. E come scuola, collettivamente agente e operante, proibiamo nella maniera più rigida esercizi cosiffatti che lasciano su chi vi si esercita, anche innocuamente e per buona intenzione, l’abitudine di coercizione della volontà altrui – oltre al più comune pericolo di assorbire emanazioni e aure che non sono pure. La nostra è scuola di libertà spirituale, vessillo che non si piegherà mai. Insegna a mantenere integra la coscienza altrui, sia o no condiscepolo, e non a correggerla per costrizione. Noi insegniamo a non influire neanche sulla volontà dei bambini, onde l’uomo storico che vi si nasconde possa trovare la via più confacente alla propria evoluzione, indipendentemente dalla morale transitoria. Comprendo che siamo agli antipodi con le idee correnti e mentiremmo se dicessimo il contrario. Colgo questa occasione per avvisare coloro che sono troppo zelanti nell’imporre il bene, anche tra gli ascritti nostri, che neanche il bene o quello che si crede bene altrui si deve imporre. I malati per esempio che non hanno volontà di chiedere e sentire la possibilità di una guarigione, è vano curarli – chi viene in contatto di un terapeuta chiede e ottiene, ma il terapeuta non gli impone di chiedere per ottenere…Quando sei in contatto di un infermo domanda al suo spirito se ha la forza di guarire. Dipende dal tuo stato di perfezione il saper domandare…Di un essere infermo lo stato di passività è certo e la presa di possesso del suo essere è facile ed è nociva se sei addestrato alle pratiche magnetiche ordinarie, è egualmente facile e benefica se traspiri solo magnetismo di amore…La questione di metodo, pur essendo tutto magnetismo, altera la sua manifestazione pura, e quindi il perché della proibizione nostra delle magnetizzazioni coi sistemi degli investigatori psicologici…Con questo credo di aver risposto anche ad una domanda di uno studioso di teosofia se guarendo e curando un ammalato si viola o no la sua evoluzione. La questione resta assorbita. Il terapeuta dà a chi chiede – ora chi chiede si sente atto a trasformare il suo stato interiore (karmico) in una sorgente di salute corporea, e quindi non lo viola il terapeuta che dà a mano aperta e lo aiuta. Violerebbe volontà a karma se andasse cercando il suo ammalato per fargli vedere miracoli che non avverrebbero. (C,I,23-25) – Lo stemma, l’impresa, il sigillo della vecchia medicina fu il caduceo di Mercurio e di Esculapio: i due serpi che si aggrovigliano intorno al simbolo di vita sono due anime in amore. E come debba essere questo amore ho già tentato di farlo intendere, ma ad evitare equivoci, dove l’esperimento passi i limiti della teleurgia pura e semplice… io intendo che le pratiche di magnetismo siano assolutamente escluse – intendo il magnetismo dei passi e del sonno di prima e seconda ipnosi. Dove si mettano in pratica tali procedimenti, al magnete di amore, che è compenetrazione di anime e ricambio e unione in sintesi, si prestabilisce una sopraffazione che degenera in una presa di possesso – un ragno e una mosca. L’ermetismo è puro e la soggezione di qualunque anima ad una volontà imperante è pervertimento. (C,II,61-62)- Negli esperimenti di guarigione non intervenire se non chiamato. Occorre che l’ammalato ti dica: guariscimi. Se questo egli ti ha detto le tue esperienze sono probanti perché applicherai ciò che sai e lo guarirai con sicurezza. Non puoi guarire chi non te lo chiede perché chi non chiede a te ha il suo magnete in absorzione e si prepara a morire o il suo spirito patrono lo ha condannato a patire. Miriam fu rappresentata da una rosa dai Rosa-Croce perché l’amore è la forma più perfetta della espansione del magnete. Le origini delle malattie croniche, rodenti, contorcenti, consuntive è in questo ristagno del magnete che rende impossibile qualunque presa di simpatia. E’ il dio particolare dell’infermo che si oppone, sarebbe inutile il tuo sforzo. Questa mia nota ti parrà un regresso perché io ti rimonto all’epoca caldea quando il medico sacerdote rifiutava il suo ausilio perché il genio dell’ammalato lo respingeva. Ma non regresso, proclamo una verità eterna contro il mercantilismo dell’industriale camuffato a medico e a cerusico. (L,88°)- Chiunque si trovi in condizione di conoscere una persona sofferente, se vuol guarirla o alleviare i suoi dolori si assicuri innanzitutto che a quella egli non sia né odioso né antipatico. Non basta. Bisogna che lo sperimentatore si metta in condizione di amore verso la persona ammalata. Che cosa significa mettersi in condizione di amore? Amare l’infermo come un giovanotto potrebbe spasimare per una donna che adora? Sentire l’amore del proprio simile per alleviarne le pene col senso della comune e volgare filantropia? Commuoversi delle sofferenze altrui come fossero proprie? No. La parola manca. Amore è il vocabolo generico. Pietà, compassione, commiserazione, carità, sono forme di questo stato – e non è quello che serve. Fate che una madre assista impotente alla ferocia di un cane che addenti il suo figliolo: essa sentirà entrare nella sua carne il dente della bestia pria che questa abbia ancora toccato l’epidermide della sua creatura. E’ amore anche questo, magnifico ed eroico stato di amore, ma non serve. Sottilmente, benevolmente, chi vuol provare deve sentire tutta l’ampiezza di uno stato di responsabilità, tenera responsabilità come si sentirebbe spontaneamente per un fanciullino che, senza parlare, domanda aiuto nel muovere i primi passi – come l’ospite che apre la porta di sua casa ad una persona amica e la investe della sua padronanza, come si può percepire il sentimento di protezione per un debole che stia per annegare e al quale si stende la mano e lo si salva senza pensare né alla gratitudine di costui pel suo salvatore, né alla costanza del suo amore per chi gli ridà la vita…Non trovo parole per rendere un sentimento che è pietà, compassione, commiserazione, carità, che è tutta la scala cromatica del senso di amore, dal bisogno di proteggere all’impulso di solidarietà che dovrebbe cementare l’unione tra esseri della stessa famiglia. Chi vuol saggiare provi ad amare il meglio che può colui che soffre. Il malato, il dolorante, è un’anima senza aiuto, che chiede e ricerca, come un uccellino disperso dal gelo e battuto dalla bufera, un nido calmo e caldo. Si metta il protettore nella condizione di essere per l’ammalato nido, calore, affetto, madre, fratello, vita e sentirà in sé riposare, come in un rifugio di salvezza, l’animo fatigato che chiede mercè e tutto vedrà compiuto. Senza parlare? Senza proferire un sol motto. Le anime parlano, si comunicano, s’intendono, senza che la parola fonica intervenga. Lasci lo sperimentatore l’infermo avvolto in questa onda di bene e vada in casa sua, pei suoi casi. Da lontano pensi a lui e gli dia (non esiste parola diversa dal dare) la calma, l’insensibilità al dolore, la salute e la vita. Se lo sperimentatore è nella condizione giusta di amore pel suo protetto, sentirà l’anima afflitta in sé, la sentirà rinascere, rifiorire, ringagliardire, sanare. E vedrà compiere un miracolo, che prima non suppose possibile, che egli non confessa a se stesso come non confesserà al salvato: l’uomo rinato non gli riconoscerebbe né il potere né il volere di aver operato tanto. (C,II,55-56)- Se tra il malato e il suo guaritore non corre amore, se il guaritore non prende in un amplesso dolcissimo l’anima del suo malato, e nell’unione perfetta il potere della sua vitalità solare non inonda il corpo sofferente, il piccolo miracolo non avviene. Ci vuole amore… Chi si sente voluto bene, cioè amato, si sente attratto come da una calamita, dall’amoroso. La sua anima è un fiore che si apre. Sente il riflesso dell’amore, vi si riscalda, ed ha fede. Il medicamento ermetico che è spirito, intenzione, efflato, immagine, è distillato nel lunare dell’infermo. Arriva il piccolo miracolo di una cosa sola. (D,93)- Per diventare guaritore voi dovete avere un sentimento di amore così candido, così senza ombra di egoismo, che l’aura vostra deve essere colorata e profumata. Bisogna interiormente essere come in stato di preghiera, l’anima trepidante come in comunicazione con Dio, non col Dio dei filosofi e dei dotti, dei ragionatori e degli eloquenti circonvoluti, ma col dio dei semplici, dei bianchi colombi, dei credenti di cui è la grazia e che qualunque tentativo di disamina infrange, perché è un’immagine senza contorni, un essere inafferrabile per la sua delicatezza che si dissolve come soffio appena il pensiero tenta di accaparrarlo come possesso. (SM,II,372)- Per essere guaritore ermetico occorre: 1-possedere (un’) aura vibrante molto sviluppata; 2-essere in completo equilibrio delle proprie forze attive organiche e animiche; 3-avere innanzi a sé un ammalato che accolga con amore questo sforzo di emissione che il medico improvvisato manda a lui. Esistono degli uomini che per natura, precedenti storici del proprio spirito o per vita di grande equilibrio fisico e mistico, portano in sé molto sensibile e sviluppato questo potere, che si riduce al possesso di un’aura riccamente compensatrice…Il terapeuta, cioè qualunque uomo che ama il suo simile, è medico amoroso per sola virtù del magnetismo di amore. I rimedi, le medele, le pillole, i balsami, i succhi di erbe, le decozioni acquistano poteri se date con amore, diventano tossici se dati e presi senza amore. (SM,II,377-379) – Voi o lettori, sappiate che la mano aperta è simbolo di liberalità e di franchezza e ai nostri compagni di studio, che la nostra parola accompagnano alla pratica, noi non ci stanchiamo mai di ripetere che come cittadini devono essere esempio costante di rettitudine e come uomini di solidarietà e di altruismo inteso nel senso classico di carità ed amore, nella vita privata e pubblica, onde nella serena concezione della vita possano trovare l’equilibrio che aprì nell’animo la parola di quell’ermete misterioso e divino che porta la luce e il potere di una buona volontà attiva nel bene, tollerante della inferiorità morale dei meno evoluti e perpetuamente pronti a soccorrerli, col pensiero, la parola, l’azione, senza speranza di un premio anche morale, perchè i bambini e gli uomini inferiori sono essenzialmente ingrati… La virtù di fare o pensare o concedere il bene non è che spirito della mente o anima, attivo e gestante, e la sua radice è nel centro o nucleo mentale, o anima o spirito. Se la fonte in cui lo spirito prende radice vuol diventare virtù, cioè vuol diventare agente o attiva, efficace e realizzante, deve permutarsi in buona, cioè nell’intima sua costituzione permanentemente concepente il bene…I nostri misti o novizi sono intenti e invitati a questa preparazione affinchè acquistino o realizzino la virtù terapeutica e la trasmettano. (C,I,54-55) – Noi all’ammalato che chiede aiuto domandiamo: – Hai il tuo medico? Generalmente si risponde – l’umanità è ancora superstiziosa – che nel proprio medico o nei medici ordinari non si ha fiducia. E noi spieghiamo: – Il tuo è un errore. Il medico che tu chiami la società riconosce dotato di quella scienza e di quella pratica che manca agli altri per riconoscere i mali che colpiscono l’uomo, e seguirne il corso, modificarlo in bene con aiuto di medicamenti che l’esperienza ha dimostrato migliori per combatterne la malvagità. Quindi saresti uno sciocco a non chiamare il medico e a non seguirne il suo consiglio. Mentre egli ti cura, mentre tu prendi le sue medicine se te ne ordina, interviene a te per nostro mezzo una cosa che tu sentirai, che aumenterà di mille il valore dei medicamenti che prendi, sol che tu…pensi all’amico, cui hai rivolto la tua domanda d’aiuto. (C,I 28-29) – In presenza di un indisposizione o di una infermità leggera che fare? Pregare e imporre la mano. Se v’è un medico, aiutare con la preghiera l’azione del medico. La preghiera nostra rituale è sempre la stessa, una, due o tre parti del rito quotidiano. (C,I,31) – Dire ad un ammalato nella cerchia della sua famiglia, con un medico che lo cura, noi pregheremo per voi e vi faremo star meglio, stabilisce una reazione d’indole religiosa e d’indole scientifica professionale. Perché la gente ordinaria, credente o no in una fede, non riconosce come intermediaria fra essa e il Padreterno che il solo prete della sua religione o un santo approvato da essa. Se questo santo per gente cattolica fosse buddista semplicemente o musulmano non avrebbe nessun valore. Il medico poi si deve ribellare o sardonicamente indulgere perché non può ammettere e non deve ammettere nulla fuori i regolamenti sanitari. L’ammalato preso tra queste due reazioni, reagisce a suo modo e comincia a disperare di se. Ed allora, dirà il novizio, che fare? Come fartelo capire ermeticamente, o novizio sapiente? Al 1901 fu iscritto nella nostra fratellanza un ingegnere meccanico…la sua prima presentazione suonò così: mi occupo di congegni meccanici, io non guarirò né avrò occasione di curare nessun ammalato, divento un praticante e studierò…Un giorno un suo operaio ebbe la bambina gravemente ammalata di tifo…ed in un eccesso di amore paterno esce fuori con questa frase: il medico mi ha detto che è bella e finita, ma ho un’idea, perché non mi fate voi il piacere di vederla? Ecco il meccanico che non aveva mai sognato di guarire nessuno si trova improvvisato medico e consolatore….In una lettera mi diceva così: la ho vista la prima volta era abbattuta come un fiore reciso…mi limitai a dire delle parole di conforto alla mamma…Ci fu una seconda volta…mi recai all’officina ed ebbi un’idea anch’io: presi un pezzo di carbone, con la punta di un chiodo vi incisi la mia cifra, pensai fortemente ai nostri compagni, alla nostra fratellanza terapeutica e chiamai il padre della bambina. Va a casa, gli dissi, metti questo carbone in una sacchetta di tela e lasciala nel letto della figliola…Da quel giorno la bambina, lentamente, ma progressivamente migliorò e guarì…Le cure meravigliose sono quelle nelle quali non abbiamo nessun proposito di fare un miracolo per sbalordire le regie accademie. Ciò sia d’insegnamento – insegnamento che va inteso ermeticamente. Una intelligenza, nel senso dantesco, presiede alla bontà e alla costanza del contributo animico, a spire, a volute, ad archi e a fiotti dalla coppa dei profumi delle anime oranti sale al cielo, all’occulto cielo dell’onnipossenza, la parola di lavacro e di purità – nei momenti e nei casi in cui la legge, l’occulta legge provvidenziale trova i suoi punti di contatto col possibile, il miracolo si presenta e si compie da sè. Il novizio filosofo, scienziato e letterato, dirà che questa concezione dell’intervento è empirica: si disinganni, è prettamente scientifica ed ermetica… il divino della grande e unica legge delle Cause e degli Effetti, non provocato in determinate condizioni, non si manifesta nel campo sensibile…Un novizio che volesse già possedere la chiave del mistero o arcano grande sarebbe un nume non un novizio…Il novizio deve prima ottenere, provare, e poi limitatamente alle sue cognizioni penetrare nel labirinto delle manifestazioni intelligenti. Le quali nella nostra catena di anime non sono né rare né nebulose…Un ammalato che ricorra alla tua e nostra opera, può guarire o no, ma certo da te e da noi ritrae un beneficio di amore, un’onda piccola o grande che lava il suo spirito da tutte le precarietà della vita prettamente bruta. (C,I,219-222) –
(continua).

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2 Comments

  1. catulla 24 Febbraio 2015 al 21:21 - Rispondi

    Scriveva Kremmerz: “Noi insegniamo a non influire neanche sulla volontà dei bambini, onde l’uomo storico che vi si nasconde possa trovare la via più confacente alla propria evoluzione…”.
    Ebbene, ha circa una ventina di anni, arriva dagli USA e si chiama apprendimento cooperativo la corrente pedagogica che corrisponde a una nuova concezione dei diritti dei bambini: comporta un cambiamento radicale dello status di insegnante e concepisce l’allievo come un cittadino ‘in costruzione’, capace di assumersi responsabilità, di prendere iniziative e aiutare chi è in difficoltà. Presuppone perciò un funzionamento particolare della scuola e – evidentemente – di quelli ancora chiamati insegnanti ma dallo stato pagati come docenti. L’idea è di porre degli obiettivi e di utilizzare le vecchie ‘materie scolastiche’ per risolverli. Ricordate il vecchio quesito della vasca che perde …che ha fatto impazzire decine di allievi e di generazioni? Ebbene, in luogo di trovarselo come problema per verificare le competenze, la nuova idea di educazione lo pone come obiettivo e adotta le varie formule matematiche come un mezzo per raggiungerlo e riparare la benedetta vasca. In tutto ciò, il cosiddetto ‘docente’ è una sorta di assistente specializzato che interviene per dare indicazioni di calcolo: ad esempio quanto tempo resterà prima di allagare la casa, quanta acqua toccherà pagare, quante persone dovranno esserci a riempire catini per scongiurare il danno e così via. Ma le indicazioni vengono date solo dopo che i bambini si sono scervellati per capire come ottenere la soluzione.
    Cioè… nell’ipotesi in cui dei bambini possano essere portati a scervellarsi su una vasca!
    Ciò detto è una vera rivoluzione che mina dalla base gli orari scolastici così come sono fatti (la vasca deve essere abbandonata tante e tante volte sul più bello prima di rimediare al guaio) e la struttura della scuola, specialmente secondaria, che ingozza i ragazzi con un panino all’inglese e uno alla storia inframmezzandolo con qualche sandwich di disegno, tecnologia, italiano…
    Continuava Kremmerz: “Colgo questa occasione per avvisare coloro che sono troppo zelanti nell’imporre il bene, anche tra gli ascritti nostri, che neanche il bene o quello che si crede bene altrui si deve imporre…”.
    Come sempre, la visione magistrale era talmente avanti da risultare intelleggibile a fatica anche a cent’anni di distanza. Per non parlare poi della sua realizzazione…
    Ma, alla fine, rendere obbligatoria per tutti l’istruzione sarà stato un bene? Non era meglio renderla solo gratuita?

    • Cecio 28 Febbraio 2015 al 18:13 - Rispondi

      Il concetto di Scuola ai giorni nostri è, a parer mio, sempre più simile a un concetto di stampo industriale. I ragazzi, o bambini che siano, hanno il dovere di assumere quante più informazioni nel minor tempo possibile e i docenti hanno perso il loro ruolo di in – segnanti per diventare degli inculcatori raffinati di nozioni, a ogni livello. L’obiettivo ultimo non è la comprensione (dal latino cum – prehendo, prendo con me, o in me), ma la verifica, cioè che agli occhi dello stato il fruente del servizio, l’allievo, abbia raggiunto il grado di saturazione di conoscenza richiesto, dimostrandolo tramite un voto. Si ha un bel trasmettere l’antico metodo maieutico di socratica memoria, in cui il compito del Maestro è di far nascere dal seme della curiosità la pianta della conoscenza – come una nutrice – secondo i ritmi e le tendenze di ognuno. Ormai la nostra cultura si è anch’essa adattata al format industriale, producendo una generazione di “gnomi inventivi”, parafrasando Brecht, computer perfettamente efficienti, ottimi esecutori, ma senza gli slanci tipici di un Uomo che si possa chiamare tale. Un tasso minimo di istruzione è doverosa poiché il bambino, avvicinato al compito dello studio, molto difficilmente riuscirebbe a vincere con la sola sua volontà la voglia di giocare per dedicarsi a qualcosa di più alto, e dunque l’assaggio dell’istruzione deve durare abbastanza a lungo affinché poi possa decidere se continuare su questa o l’altra strada, allo stesso modo in cui in una scelta, prima della decisione si debbono conoscere tutte le opzioni. Se la nutrice non compisse questa operazione con lo svezzamento, il bambino crescerebbe con la certezza che l’unico cibo possibile sia il latte. Ma si sfocia nella prevaricazione quando il Genio goldoniano o socratico viene costretto su una strada non sua, o quando quest’ultimo non viene lasciato libero di germogliare, soffocato dall’asfissiante incalzare delle informazioni propinate una dietro l’altra: e allora si corre il rischio che la cultura, e l’in – segnamento non vengano digeriti e vengano rigettati, il sacro fuoco delle antiche vestali si spenga perché, a dirla alla maniera degli alchimisti, vi è stato un eccesso di fiamma e la materia è stata bruciata, impedendo il volo della fenice, sommersa dalle ceneri che dovevano nutrirla.

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